venerdì 16 novembre 2007

Come tu mi vuoi? Per una recensione della realtà

Il giovane Holden affermava che un ragazzo non può sopportare di avere come compagno di stanza un ragazzo che ha le valigie più a buon mercato delle sue. L'idea di fondo espressa da Holden risulta incredibilmente attuale.
Sono andata a vedere al cinema un italian teen movie chiamato "Come tu mi vuoi". Mi aspettavo di vedere un'innocente commediola passatempo. Sono uscita dal film sconvolta. Tra furti, sesso, alcool, droga, vestiti "must have", chirurgia plastica, si può sostenere che sia nata la cooltura(detta anche cul-tura), così come ben sottolineato dal manifesto-messaggio che campeggiava in alcune inquadrature del film, tra cui in quella finale.
Olmi nel suo ultimo film aveva avuto ragione a trafiggere con poderosi chiodi i libri: ormai la cultura è tramontata.
Abbasso i film d'essai, i grandi classici della letteratura, il teatro nelle sue forme più nobili, i quotidiani, le seghe intellettuali ed intelletualoidi, la politica e tutto ciò che può essere ascrivibile al concetto di cultura.
Nella società in cui viviamo è importante essere in lista(tranne che di proscrizione, degli indagati o medica), avere ritmo nell'eloquio ma non nel contenuto, strusciarsi e buttarsi addosso ai ragazzi fighi(perchè dovrebbero farsi avanti loro? Concetto desueto!) E l'emancipazione femminile? Una gara a chi ha le gambe più aperte(anche scosciate e rasate con la ceretta se possibile). Film come "Una donna in carriera"erano raggianti utopie del sol dell'avvenire, che attualmente serve solo per godersi una giornata soleggiata.
Lo studio è diventato una parentesi tra un night ed un altro, sempre però con un beverone superalcolico in mano e se possibile qualche sostanza eccitante, tanto tutto è noia.
In questo turbinio sviluppato nel corso del film, ciò che mi rende triste è che non vi è alcuna possibilità di smentita. La realtà non differisce molto dallo spettacolo filmico in questione.
Vanesi/e e narcisi/e, così come siamo stati più o meno volutamente ridotti/e, ormai siamo troppo dentro il "sistema" per uscirne. Se di mercificazione si vuole parlare, si dovrebbe riferire il termine alla morale. Potrà inorridire, ma l'austerità evocata negli anni 70' da Berlinguer e di recente evocata da alcune forze politiche, oggi non può che essere buttata via con lo sciacquone del cesso. Gli unici sacrifici accettati sono per i soldi. Per averne. Così tu mi vuoi, oh società! That's the cool(tura).

lunedì 5 novembre 2007

Premessa

Ho riflettuto molto, in questi ultimi tempi, sull'eventualità di realizzare un blog. Quale urgenza comunicativa può spingermi a realizzarne uno? Qualsiasi motivazione sulla necessarietà di quest'azione risulta flebile se non viene ricondotta ad una più generale volontà narcisistica di essere-esserci in una dimensione virtuale. Ormai è un bisogno primario quello di lasciare un segno internettiano. L'uomo ormai instaura relazioni a tre dimensioni: quella con il suo io, quella tra il suo io e gli altri(la dimensione sociale per antonomasia) e la dimensione virtuale-liquida in cui avviene la sintesi delle precedenti fasi. Ho pensato di realizzare questo blog perchè ho sentito l'urgenza di rendere manifesta l'esistenza di questa terza dimensione, che implica interessanti riflessioni sulle nuove modalità di percezioni spazio-temporali. Il nome del blog vuole esprimere questa mia personalissima riflessione. Nel momento in cui si decide di proiettare l'io nella virtualità, si compie un'azione che presenta tuttavia la peculiare caratteristica di essere statica. Si compie l'azione di scrivere messaggi su internet seduti in una postazione. I messaggi scritti su internet vengono chiamati post, proprio come la magica parolina che viene utilizzata in continuazione per definire questo particolare periodo storico. Tutto il nostro mondo è racchiuso in un post a cui spesso seguono nomi o aggettivi di varia natura. Si parla di questo miraggio post avvalendosi di post virtuali scritti da una postazione. Ma il gioco di parole non è ancora finito. I forum e i blog possono essere considerati delle stazioni di post, in quanto colgono (ecco il ritorno del movimento statico descritto prima) e imprimono l'istantanea di un momento, a cui ne susseguiranno innumerevoli altre. Da questi pensieri astratti si può ricavarne la convinzione che la cognizione dell'idea di spazio-tempo con l'avvento del virtuale è profondamente mutata. Stato in luogo e moto (d)a luogo non sono più così netti e distinti così come le grammatiche usavano riportare un tempo, ma si sono ormai fusi in un nuovo modo di considerare l'azione che non può che essere definito come (post)azione.